sabato 7 maggio 2011

Mozart "No che non sei capace" - interpretazioni a confronto


Aria scritta nel 1783, dedicata ad Aloysia Lange (nome da sposata di Aloysia Weber), sorella della futura moglie di Mozart, si tratta di un brano piuttosto impegnativo, che prevede l'esecuzione di lunghi vocalizzi e diversi trilli. La nota più grave in partitura è un re3 (uno solo), ma la voce è spinta più volte mi5. Non stupisce dunque che sia tutte le incisioni disponibili siano state fatte da cantanti che oggi definiamo soprani di "coloratura".


Tutte le versioni considerate si trovano su youtube: basta clickare sul nome dell'interprete per essere reindirizzati al link corrispettivo.

Le meno convincenti:
Hedwig Francillo-Kaufmann (registrazione del 1912): l’esecuzione è decisamente trascurata, con diverse approssimazioni e imprecisioni; la pronuncia in alcuni punti è quanto meno bizzarra. Verso la fine del brano vengono tagliate diverse battute. Nei lunghi vocalizzi conclusivi molte note legate vengono eseguite picchiettate, chiaro retaggio di ciò che il gusto dell’epoca richiedeva ai soprani di coloratura.

Ingeborg Hallstein: l’interprete sfoggia un accento vigoroso. L’emissione tuttavia suona molto artificiosa e la voce un po’ rigida; l’interpretazione nel complesso non convince. Alcune piccole imprecisioni, trascurabili, sono certo imputabili al fatto che si tratta di un’esecuzione dal vivo.
Un aspetto decisamente fastidioso invece deriva dal fatto che in molte delle lunghe colorature, sulla vocale “a”, l’attacco viene fatto con il suono “ia” (non previsto); un trucchetto che alla lunga risulta davvero stucchevole.

Discrete:
Sumi Jo: canta tutto con molta precisione, ma espressivamente è davvero inerte. Curiosamente esegue staccato alcune delle ultime battute eseguite, segnate legato, per di più nell’esposizione e non nella ripetizione; non si possono quindi considerare come variazioni.

Alessandra Kurzak: Inizia con un bell’accento imperioso, che varia un po’ nel corso dell’esecuzione. Canta piuttosto bene, anche se non è brillante come le migliori. Ma il vero problema risiede in una direzione, decisamente ruvida, che in più di un punto mette l'interprete alle strette.

Ottime:
Natalie Dessay: l’accento è più sfumato e lirico. Canta molto bene, anche se alcuni trilli non sono particolarmente brillanti. È l’unica ad eseguire la piccola cadenza prevista in corrispondenza di una fermata (la stessa segnata nello spartito linkato).

Edita Gruberova: l’accento più imperioso e nobile; all’inizio qualche coloratura sembra leggermente "meccanica", ma nel corso dell’aria questo difetto sparisce. I trilli sono veramente perfetti.

Diana Damrau: sfoggia anche lei un accento molto vigoroso, ma l’interpretazione è più variata di quella della Gruberova. L’unico (piccolo) difetto è che all’inizio si sente come un tentativo di scurire la voce; il risultato è leggermente artificioso.

Fuori concorso:
Joan Sutherland (1957): L’ascolto di questa giovane (e rara) incisione della cantante stupirà coloro che ne conoscono le registrazioni successive; la dizione è infatti qui estremamente chiara e l’emissione è assolutamente spontanea.
L’esecuzione è estremamente brillante, ai limiti dell’incredibile; la vocalizzazione è fluida, i trilli perfetti e gli acuti sono centrati con una facilità irrisoria. L’interprete non è particolarmente varia (forse anche a causa del tempo rapido staccato dal direttore), ma la voce emana una spontaneità che conquista.

Piccole questioni di filologia d’esecuzione:
Nessuna delle cantanti esaminate esegue tutte le appoggiature come vorrebbe la prassi interpretativa dell’epoca. Ne esegue diverse Sumi Jo, pochissime la Sutherland; curioso che sia la Dessay che la Damrau ne eseguano alcune solo nella ripetizione di alcune frasi, a mo’ variazioni. La Damrau e la Francillo-Kauffmann sono le uniche ad introdurre di fatto delle vere e proprie variazioni, se pur minime, in alcuni dei da capo.
Natalie Dessay è l’unica ad eseguire la cadenza prevista; Alessandra Kurzak, Edita Gruberova e Diana Damrau eseguono invece una piccola scala discendente (di raccordo) non prevista alla fermata precedente.

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