sabato 30 aprile 2011

Mozart - "Per questa bella mano", interpretazioni a confronto.


Si tratta di un’aria che Mozart ha scritto per Franz Xaver Gerl, primo interprete del ruolo di Sarastro nel Flauto Magico. La tessitura della pagina è da basso profondo: la voce scende più volte al Fa#1, mentre la nota più acuta è un Re3.
Aria impegnativa per la voce, per le discese al registro grave e per gli sbalzi da questo al registro acuto; è inoltre previsto qualche passaggio di coloratura e soprattutto quattro trilli.
Formalmente si tratta di un'aria bipartita; ad un andante iniziale, segue un allegro. Grande singolarità del brano è la presenza di una impegnativa parte concertante affidata al contrabbasso, che apre l’aria con un assolo e in diversi punti ha il compito di “duettare” con la voce.

Ho scelto registrazioni che possono essere visti su youtube (quella di Tajo l'ho caricata io su megaupload); per vederle (e ascoltarle) basta clickare sul link. Lo spartito si può consultare gratuitamente qui.

La registrazione di Italo Tajo (scaricabile qui) con Mario Rossi (del 1949, con l’Orchestra Rai di Torino) è piuttosto deludente per i numerosissimi tagli; viene ridotta la stessa introduzione con assolo del contrabbasso, sconvolgendo l’aspetto “concertante” della pagina. Anche la parte vocale risulta abbreviata, risparmiando al basso uno dei passaggi più scabrosi di discesa al grave. Proprio le note basse sono quelle che mettono più alle strette Tajo (per scendere sotto il Si1 alcune volte si sente una pausa in cui il cantante prende fiato, prima di riprendere, un escamotage che interrompe di fatto la continuità del legato). Un altro neo è il ricorso a qualche nota “aspirata”. È un peccato, considerato che la sua voce sin dall’inizio si evidenzia come morbida e piacevole e l’accento è piuttosto azzeccato. I due trilli (perché tanti ne rimangono, per via dei tagli) sono eseguiti bene.
L’interpretazione di Justino Diaz, è piuttosto corretta, sebbene la voce è più ordinaria. Tallone d’Achille gli estremi gravi, non sempre bene a fuoco e i trilli non sono perfettamente rifiniti. In compenso è l’unico ad introdurre delle variazioni nei da capo, per quanto piccole: un gruppetto, delle appoggiature (nell’ultimo da capo),
Thomas Quasthoff evidenzia una voce molto più bella e omogenea; il basso-baritono è ottimo negli estremi gravi quanto negli acuti. I trilli sono buoni e il legato è perfetto.
George London vanta una bella voce, giusto un po’ meno spontanea degli altri. Nei gravi estremi è talvolta in difficoltà. Il primo trillo è solo abbozzato; molto bene gli altri invece. Come interprete è forse il più convincete. London è affiancato Bruno Walter, che firma la miglior direzione; inoltre la registrazione vanta il miglior contrabbassista sentito finora. Lo strumentista “canta” autenticamente, ritagliandosi di diritto il ruolo di deuteragonista della voce.
Cesare Siepi canta l’aria in un recital in cui è accompagnato dal solo pianoforte e quindi viene tagliata l’intera parte del contrabbasso. A compensare la perdita, c’è la voce più straordinaria fra quelle qui ascoltate: ricca di armonici, di un’uguaglianza assoluta fra i registri, di uno splendore e opulenza assoluti. Un vero fiume che sgorga spontaneo, con un perfetto senso del legato. L’accento è abbastanza variato e i trilli sono buoni.

Riassumendo: la versione di Siepi è senz’altro la meglio cantata, ma è penalizzata dall’assenza del contrabbasso (e dell’orchestra); quella di London è forse la più adatta a farsi un’idea della pagina, anche grazie al direttore e allo strumento solista, entrambi eccellenti.
Molto riuscita anche la versione di Quasthoff. Corretta e non priva di interesse quella di Diaz.


Una piccola questione musicale: seguendo con lo spartito si può notare come tutti i bassi considerati omettano uno dei trilli segnati in partitura (eseguendone quindi complessivamente solo tre, dei quattro previsti). Fa eccezione Justino Diaz, che ne esegue addirittura uno in più!

La questione riguarda un passaggio della seconda parte dell'aria, che ritorna due volte; dopo una nota tenuta, un La2, la prima volta semplicemente si scende di un'ottava, al La1:

Nella ripetizione, dopo il La2 è invece previsto un trillo:

Tutti gli interpreti (escluso Justino Diaz) nella ripresa omettono questo trillo. London e Siepi eseguono la frase come la prima volta; Quasthoff sostituisce il trillo con una cadenzina all'acuto.
Curiosamente Diaz termina invece la frase entrambe le volte con un trillo.
In un altro video con pianoforte e contrabbasso (reperibile qui) lo stesso cantante esegue entrambe le volte un mordente; nella prima frase si tratterebbe di un'aggiunta, ma nella seconda sostituisce il trillo.

lunedì 18 aprile 2011

Due interpretazioni Mozartiane su strumenti d'epoca - La correttezza vs. l'emozione


Di recente ho avuto occasione di ascoltare due diverse esecuzioni dei due concerti mozartiani (18 e 19, K456 e K459), entrambe realizzate su strumenti d’epoca e tenendo presenti le ultime conquiste della filologia in fatto di prassi musicale. Tuttavia nel risultato la differenza si sente.

L’interpretazione di Levin con Hogwood e The Academy of Ancient Music scorre via liscia, estremamente accurata ed interessante, ma senza grandi sorprese. Quella di Staier con ilConcerto Koln invece… è un’autentica rivelazione.

Non starò a soffermarmi sui dettagli; l’aspetto che più di tutti colpisce è il forte senso del teatro e del gioco. Il pianoforte e l’orchestra dialogano, suggerendosi le battute, creando un vivacissimo contrasto tra un tema e quello successivo, tra una frase e quella seguente, realizzando appieno le potenzialità drammaturgiche insite nel testo mozartiano. E in questo contesto l’impiego di abbellimenti, di variazioni nei da capo, assumono tutto un altro senso, nell’ottica di un’interpretazione coerentemente tesa a creare attesa (tensione) e sorpresa (distensione) in chi ascolta.

Evidentemente non bastano gli strumenti antichi e la conoscenza dei testi teorici; alla fine a fare la differenza nei risultati è la capacità dell’artista di utilizzare al meglio gli strumenti che ha a disposizione (anche quelli della filologia), per creare emozione nell’ascoltatore. Cosa che risulta tanto più difficile quando si tratta di pagine di un autore “inflazionato”, come lo è Mozart.




lunedì 4 aprile 2011

Concerto del Giardino Armonico a Pavia

Davvero un bel concerto quello tenuto dal Giardino Armonico a Pavia, il 25 marzo. Un programma ben costruito, soprattutto da musica poco nota (con la parziale eccezione delle pagine di Vivaldi, comunque non fra le più celebri del compositore veneziano).
Alcune pagine vedevano sul palco il complesso milanese senza il direttore, Giovanni Antonini, che si presentava solo nelle opere che lo vedevano impegnato nel duplice ruolo di leader e solista, ovvero due concerti di Vivaldi per flautino e uno per flauto. Le composizioni di Dario Castello, Tarquinio Merula, Giovanni Legrenzi e Baldassarre Galuppi erano affidate quindi alla guida del primo violino, Enrico Onofri. E devo dire che… la differenza un po’ l’ho notata.
Una delle caratteristiche più tipiche del Giardino Armonico è di affrontare i brani con una certa vivacità e baldanza e il virtuosismo si accompagna ad una costante concitazione ritmica. L’alta velocità a cui viene affrontata la musica rischia tuttavia di far perdere qualcosa: da un lato la chiarezza dell’intreccio polifonico, dall’altro la logica interna al discorso musicale.
Nei brani in cui dirigeva Antonini, anche quando il tempo era altrettanto spedito, nulla andava a discapito dei dettagli e l’articolazione formale dei brani veniva costruita con chiarezza.

Ma tutto sommato si tratta di piccole critiche, di fronte ad un’interpretazione che è rimasta per tutta la durata del concerto assolutamente interessante e assolutamente godibile.

Programma:

Dario Castello - Sonata XV a quattro
Tarquinio Merula - Sonata a quattro "La Lusignola"
Ciaccona per 2 violini e basso continuo
Dario Castello - Sonata a quattro in do
Giovanni Legrenzi - Seconda sonata a quattro op.10
Vivaldi: Concerto per flautino in do maggiore RV 444
Concerto per flauto in do minore RV 441
Galuppi: Concerto a 4 in sol minore
Vivaldi: Concerto per flautino in do maggiore RV 443

+ bis: Vivaldi, finale da un concerto per flauto; Merula: Ciaccona (ripetuta dal programma)