lunedì 18 aprile 2011

Due interpretazioni Mozartiane su strumenti d'epoca - La correttezza vs. l'emozione


Di recente ho avuto occasione di ascoltare due diverse esecuzioni dei due concerti mozartiani (18 e 19, K456 e K459), entrambe realizzate su strumenti d’epoca e tenendo presenti le ultime conquiste della filologia in fatto di prassi musicale. Tuttavia nel risultato la differenza si sente.

L’interpretazione di Levin con Hogwood e The Academy of Ancient Music scorre via liscia, estremamente accurata ed interessante, ma senza grandi sorprese. Quella di Staier con ilConcerto Koln invece… è un’autentica rivelazione.

Non starò a soffermarmi sui dettagli; l’aspetto che più di tutti colpisce è il forte senso del teatro e del gioco. Il pianoforte e l’orchestra dialogano, suggerendosi le battute, creando un vivacissimo contrasto tra un tema e quello successivo, tra una frase e quella seguente, realizzando appieno le potenzialità drammaturgiche insite nel testo mozartiano. E in questo contesto l’impiego di abbellimenti, di variazioni nei da capo, assumono tutto un altro senso, nell’ottica di un’interpretazione coerentemente tesa a creare attesa (tensione) e sorpresa (distensione) in chi ascolta.

Evidentemente non bastano gli strumenti antichi e la conoscenza dei testi teorici; alla fine a fare la differenza nei risultati è la capacità dell’artista di utilizzare al meglio gli strumenti che ha a disposizione (anche quelli della filologia), per creare emozione nell’ascoltatore. Cosa che risulta tanto più difficile quando si tratta di pagine di un autore “inflazionato”, come lo è Mozart.




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